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Arf, al cinema, sabato 27 gennaio 2024

FOCUS

UNA FAVOLA (NERA) CHE NON PUNTA IL DITO MA SOTTOLINEA DOVE SI NASCONDE IL MALE.
 

Recensione di Luigi Coluccio
sabato 20 gennaio 2024

Venti di guerra sferzano il mondo. E così anche in una lontana città abbracciata dalla lussureggiante campagna il conflitto si espande tra le strade, le piazze, i vicoli. I soldati marciano, i soldati perquisiscono, i soldati prelevano. Lo fanno anche nel palazzo dove vive una madre con il suo bimbo appena nato. Su di loro veglia la cagnetta Bianca, che però nulla può contro le armi e la crudeltà degli uomini. Bianca riesce comunque a salvare il piccolo, anni dopo diventato parte integrante del branco di cani che ruzzano per i prati fuori città. Un giorno tutto si complica: il bambino viene catturato dai soldati e internato in un campo, dove gli ufficiali e il Comandante aspettano con trepidazione l’arrivo del Dittatore…

Girato in diciannove mesi, e con un’animazione 2D, Arf è un altro tassello del doloroso mosaico della Settimana della Memoria.

Ci sono salsicce da arraffare e rastrellamenti da scampare, corse in mezzo ai prati e patate da sbucciare, lupi da conquistare e dobermann da accarezzare. E poi macellai strozzini, gerarchi folli, bambini con la testa rasata, madri scomparse, città occupate. Come tenere insieme tutto questo con la piccola, piccolissima storia di un bambino senza nome, senza genitori e senza parola che si connette agli altri solo con un “arf”? Che rotola, fa pipì e si accuccia come un cane? Che è capace di rubare in una bottega per sfamare il suo branco e liberare da un lager i confinati?

Sarà stata la domanda principale che tormentava le notti creative di Anna Russo e Simona Cornacchia: scrittrice di romanzi per bambini la prima, storyboard artist/illustratrice/regista la seconda, Russo nel 2010 ha pubblicato per Mursia “Il baffo del dittatore”, ripreso adesso con il titolo di Arf da Cornacchia, qui alla sua prima firma in solitaria con il supporto della Genoma Films di Paolo Rossi Pisu, Antonio Pisu e Marta Miniucchi (già dietro il Gianni Schicchi di Damiano Michieletto e soprattutto Est – Dittatura last minute). Mettere su carta e pennello un qualcosa che schivi e allo stesso tempo ragioni su La vita è bella e Il bambino con il pigiama a righe, insomma.

Il modo (forse) è uno e soltanto uno: tirare dritto. Tirare dritto, cioè, con quel labile equilibrio che si crea tra il segno animato scelto e il senso ultimo della storia – qui con la minuscola e la maiuscola assieme -, scegliere e portare avanti il proprio precipitato di forma e soggetto. L’abbiamo già visto qualche settimana fa con Il fantasma di Canterville, punto mediano tra il motto senza tempo di Oscar Wilde e le naturali richieste contemporanee, trattenuto ma esatto intruglio che è quello e nient’altro.

 
sabato 27 gennaio 2024
Pedro Armocida

Cinema per immagini. Sembrerebbe una banalità ma spesso le parole, quasi delle dittatrici, soverchiano le storie, mentre la semplicità e la forza del cinema risiedono anche nella capacità di trasmettere emozioni con il solo uso delle immagini. Tanto più quando ci troviamo di fronte a un film di animazione che lavora su un impianto immaginifico ancora più grande. Tutto questo è Arf, il sorprendente lungometraggio di esordio di Anna Russo (alla sceneggiatura) e di Simona Cornacchia (ai disegni animati).

C’è la natura, bellissima e colorata, appena fuori la città che è invece grigia perché c’è la guerra e ci sono i militari senza cuore né amore anche perché non c’è il sole. È la Seconda guerra mondiale, un conflitto che pensavamo archiviato per sempre e che invece ha le sue ombre allungate un’altra volta nell’Europa di oggi. In questa desolazione un neonato rimane solo perché la madre è vittima di un rastrellamento, a salvarlo ci penserà la sua eroica cagnolina che lo adotta e lo fa crescere con i suoi compagni a quattro zampe. Mezzo uomo e mezzo cane, il piccolo sa fare solo un verso: Arf!

Tratto liberamente dallo stesso romanzo di Anna Russo, “Il baffo del dittatore” (Mursia), Arf rimanda al Mowgli del Libro della giungla di Kipling ma anche al mito del buon selvaggio incarnato dal protagonista del film di François Truffaut Il ragazzo selvaggio debitore peraltro delle teorie del filosofo Jean-Jacques Rousseau. Anche qui la forza del personaggio di Arf, che anche un bambino capirebbe e sicuramente capirà, è che il suo essere animale e selvaggio lo porta a vivere senza sovrastrutture e senza la corruzione della cosiddetta civiltà. Può sembrare un paradosso ma, finché esisteranno le guerre, meglio tacere sulla superiorità dell’uomo.

 

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